1 luglio 2016. - In tale data la Congregazione delle Cause dei Santi ha emesso il Decreto di Validità della Causa di beatificazione del Servo di Dio Raffaele Gentile. Ora si passa alla costruzione della Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis

mercoledì 10 luglio 2013

11. LA CARITÀ INTELLETTUALE di RAFFAELE GENTILE




1. Lo studioso cristiano
Partiamo da un dato di fatto che non è per nulla scontato. Chi è Raffaele Gentile? E’ uno studioso cristiano che legge il mondo alla luce della Rivelazione. E riempie di un valore “altro” ed “alto” le sue fatiche intellettuali.

L’obbiettivo di uno studioso cristiano è quello di giungere ad una comprensione per l’appunto cristiana del fenomeno che egli sta studiando, dal momento che il cristianesimo è una “concezione del mondo” che racchiude in sé ogni aspetto della vita[1].

Nei suoi studi, quindi, Raffaele Gentile legge le realtà terrene per renderle coerenti al Vangelo. Il punto di partenza di ogni discorso, di ogni articolo, di ogni scritto è Cristo che diventa la “lente” con cui cercare di guardare il mondo. Non una lente distorta, deformata, miope. Ma una lente ben graduata, perché ancorata ad una forte esperienza di fede. Per Gentile il cristianesimo è “l’unico vero polo di attrazione al quale oggi si volge in ogni continente l’uomo smarrito e sfiduciato”[2].

Lo studioso cristiano sa bene che ci sono valori e modelli di comportamento da seguire indipendentemente dall’ordine sociale ed economico che promana un mondo altamente egoistico ed individualistico. E’ per questo che negli scritti di Raffaele Gentile troviamo principi morali fondati sul riconoscimento della dignità della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, sul diritto di promuovere il bene comune attraverso politiche ispirate ai valori della legalità e della giustizia sociale, sul disprezzo e sulla condanna di chi cerca il mero interesse personale e non bada a quello dell’intera comunità, sul primato della vita spirituale dell’individuo.

Le pagine di Raffaele Gentile trasudano delle Beatitudini. Lo stile delle Beatitudini, ancora oggi troppo scomodo per credenti di latta, lo accompagna nella ricerca di una verità che, sulla scorta del Concilio Vaticano II, non va imposta, ma proposta! In Raffaele Gentile, studioso cristiano, trova attuazione l’espressione di Sant’Agostino: “Fides nisi cogitatur nulla est”. Una fede non pensata, non ragionata, non è fede.

La fede non può esistere senza la ragione; e la ragione non può esistere senza la fede.


“La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso[3]”, scriveva Giovanni Paolo II nella sua enciclica “Fides et Ratio” (1998).

Un impegno quanto mai attuale oggi, all’alba del terzo millennio di cristianità, in cui è evidente la frattura tra fede e storia. Nel mondo odierno manca la consapevolezza di una fede incarnata nella cultura dell’uomo. C’è rottura, spesso, tra quello che predichiamo e quello che mettiamo in pratica. La testimonianza, autenticamente evangelica, viene meno perché la fede non si innesta nella prassi di tutti i giorni.

L’antidoto a tale situazione può essere soltanto la carità. Essere “caritatevoli” significa donare noi stessi agli altri. O, meglio, rendere gli altri partecipi dei nostri doni, dei nostri carismi, dei nostri talenti che, guai a lasciarli marcire sotto terra, bisogna che portino frutto nella società. Siamo noi a costruire una società più cristiana gettando i “semi buoni” dei nostri talenti. E’ una diakonia, un servizio, a cui siamo chiamati in quanto “custodi” del Creato e che si sostanzia nella carità. “Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi la carità, non sarei nulla …” (1Cor 2).

Paolo ci ricorda che la scienza trova la sua ragion d’essere proprio nella carità. Lo studio, accompagnato da una vera conversione morale ed intellettuale, diventa un servizio di carità, di amore, al prossimo e alla società[4]: e cioè aiutare gli altri a scoprire le manifestazioni dell’Eterno nei meandri, anche più scevri e nascosti, della realtà è carità. La prima forma di carità per uno studioso cristiano, come ci insegna il Santo Padre Benedetto XVI, si qualifica come carità intellettuale[5], dalla quale dipende l’elaborazione di un nuovo umanesimo per il terzo millennio.



2. Uomo di pensiero e di scienza

Ci stiamo avvicinando ai cinquant’anni dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962 – 11 ottobre 2012). Un Concilio che, nelle intenzioni di Giovanni XXIII, vuole “adeguare” l’annunzio di una “dottrina certa ed immutabile” ai segni dei tempi che avanzano. Il Papa buono, insomma, è un insanabile ottimista, che guarda con fiducia al futuro della Chiesa e del mondo e si distacca dai tanti “profeti di sventura” capaci di vedere nei tempi presenti soltanto “rovine e guai”. Raffaele Gentile, all’apertura del Vaticano II, ha più di quarant’anni. E’ un padre di famiglia, un medico, uno studioso ormai formato e maturo nella fede. Eppure per molti aspetti, prima e dopo, Raffaele Gentile si inserisce nel Concilio.

E’ un uomo del Concilio sicuramente per quanto riguarda il suo essere laico. E’ un laico a pieno titolo, non un “quasi-prete”, nell’accezione a volte banalizzata di chi vorrebbe rivestire di un’aureola sacrale l’ordine temporale. E’ un laico, orgogliosamente tale, che “ordina” il mondo secondo Dio. Risponde all’impostazione del Vaticano II, che vede il laicato, per la forza sacramentale del battesimo, non più subalterno al clero, ma compartecipe del sacerdozio universale di Cristo.

Raffaele Gentile è tra quegli “uomini di pensiero e di scienza” a cui si rivolgono nel messaggio “Agli uomini di pensiero e di scienza”, i Padri conciliari alla chiusura dell’assise ecumenica. E’ tra i “cercatori della verità”, tra gli “esploratori dell’uomo, dell’universo e della storia”; tra i “pellegrini in marcia verso la luce”. Tutte espressioni che calzano a pennello per la parabola culturale e l’impegno professionale di Raffaele Gentile. E che cosa chiedono i Padri conciliari a questi “uomini di pensiero e di scienza”? Di continuare a fare ricerca “senza disperare mai della verità”.

Raffaele Gentile cerca la verità. La trova e la fa propria, per “rinnovarla, approfondirla, per donarla agli altri”. Una continua tensione verso la verità che, oltre ad essere un diletto, un piacere, è pure un dovere, una responsabilità: “guai a colui -dicono ancora i Padri conciliari- che chiudono volontariamente gli occhi alla luce”. La fede e la scienza, per il Concilio, sono “ancelle l’una e l’altra della stessa verità”.

Il dott. Gentile, ancora, è uomo del Concilio perché guarda alla certezza assoluta del valore della persona umana, al di là della sua cultura e della sua religione. Ci troviamo di fronte -come abbiamo già accennato nel paragrafo precedente - all’aspirazione di un nuovo umanesimo integrale. Tant’è che Raffaele Gentile, nei suoi scritti, parla di una “rinascita dell’uomo di oggi[6]”.

Il Concilio insegna che la persona deve essere considerata e accolta come tale, riconosciuta sempre nei suoi bisogni materiali e spirituali: il valore della persona umana è assoluto! Il tutto, giustamente, senza correre il rischio di relativizzare e sacrificare il valore della verità, e quindi finanche l’appartenenza religiosa nell’incontro con il “diverso” da noi.

Tant’è che Raffaele Gentile cresce, continuamente, nella conoscenza della propria identità di cultura e di fede cristiana e, forte di queste radici, si apre all’altro, chiunque egli sia.



3. L’ impostazione di metodo

Raffaele Gentile è uomo del Concilio anche nella sua impostazione di metodo che possiamo condensare in tre azioni: osservare, giudicare ed agire. Che, poi, sono anche i tre verbi chiave nello studio e nell’insegnamento del Magistero della Chiesa[7].

- Osservare: è studiare, percepire, toccare i problemi delle realtà, le loro cause e le loro conseguenze. Un’analisi che nello svolgersi attiene alle massime esperienziali ed agli strumenti empirici delle scienze sociali e delle scienze naturali;

- Giudicare: è interpretare la realtà alla luce della Rivelazione, che determina non soltanto il giudizio rispetto ai fenomeni della società ma anche le loro implicazioni etiche. In questa fase il reale viene interpretato dal punto di vista della fede. Nel giudicare Gentile certamente non è neutrale. E’ estremamente di parte … dalla parte del Vangelo, ovviamente. E questo perché le scale di valori utilizzate nel giudizio della realtà sono le stesse del messaggio cristiano;

- Agire: è l’impegno concreto, dopo l’osservazione ed il giudizio della realtà. E’ l’essenza stessa della conversione che rende attive determinate scelte. E’ una trasformazione interiore che porta, necessariamente, alla disponibilità, all’apertura e alla trasparenza. Ed infatti Raffaele Gentile non è rimasto chiuso in sé stesso con i suoi studi. Tutt’altro. Ha profuso un forte impegno nel sociale che è scaturito, prima di tutto, da una grande conversione interiore all’insegnamento di Cristo.

Per Raffaele Gentile la storia dell’uomo è capitolazione di una storia di Salvezza. Dai Vangeli e dalla tradizione cattolica, più che millenaria, è possibile quindi trovare un modello alternativo di società che protegga la dignità della persona umana e promuova il bene comune.

Osservare, giudicare e agire sono i tre verbi che devono accompagnare lo studioso cristiano anche nel suo approccio con la Sacra Scrittura che plasma la realtà. Raffaele Gentile è figlio di quei tempi in cui era difficile e frustrante trovare un Vecchio ed Nuovo Testamento in lingua italiana e completo. Con il passare del tempo il sogno, del tutto conciliare, di avere una Bibbia per ogni casa si è quasi realizzato.

La sfida che si accolla Gentile è quella di far in modo che le Scritture divengano davvero lievito per ogni uomo: ciò significa raccogliere le verità immutabili del passato, fugare i dubbi e le fatiche del presente ed illuminare di speranza il futuro[8].


4. L’idea di università in Raffaele Gentile

Nell’autunno del 1942 Raffaele Gentile, ancora giovane studente universitario a Palermo, aderisce al nascente circolo Fuci di Catanzaro. Che idea di università ha il nostro studioso cristiano? Utili indicazioni li troviamo nel suo scritto “Il medico: professione al servizio della personalità umana e cristiana[9]”. Gentile è cosciente che il tempo universitario è un “importante e decisivo periodo” che va affrontato “con cuore forte, con animo vigile e saldo nella Fede, con intelligenza pronta, con volontà nello studio e nella ricerca”.

il beato John Henry Newman
Molti i punti di contatto tra Raffaele Gentile ed il beato John Henry Newman (1801-1890), una figura eclettica di intellettuale, teologo, filosofo e pedagogista, per certi aspetti precursore del Vaticano II. Per entrambi lo scopo dell’istituzione universitaria è quello di “educare”. L’università diventa il luogo in cui si insegna il “sapere universale” contro chi, invece, l’ha ridotta ad una accozzaglia di discipline, le quali non riescono a cogliere l’unità del sapere, provocando “incoerenti sistemazioni” o “radicali autonomie” nella mente di docenti e studenti. Le singole facoltà -adesso soppiantante dai “dipartimenti” con l’ultima riforma universitaria targata Gelmini- appaiono al dottor Gentile compartimenti stagno, quasi monadi isolate, che rispondono ad un sapere sempre più settoriale. Egli, infatti, sostiene nel citato scritto che “l’istituzione universitaria vive in concreto in singole scuole specializzate, manca un terreno comune istituzionalizzato per la elaborazione e la trasmissione di una unità culturale[10]”. Un po’ come afferma Newman ne “L’idea di università”: “Non c’è vero allargamento dello spirito -dice- se non quando vi è la possibilità di considerare una molteplicità di oggetti da un solo punto di vista e come un tutto; di accordare a ciascuno il suo vero posto in un sistema universale, di comprendere il valore rispettivo di ciascuno e di stabilire i suoi rapporti di differenza nei confronti degli altri”[11].

Insomma nell’idea di Gentile il sapere è come un tutto. In più ci ricorda che nella vita universitaria non basta la semplice cultura, ma “è necessario che il cuore vi abbia la sua parte notevole, senza di che tutto è vano e diventa gioco di interesse[12]”.



5. La carità intellettuale nella comunicazione

Raffaele Gentile manifesta la sua carità intellettuale pure attraverso l’attività pubblicistica. “Quello che ascoltate all’orecchio, predicatelo sui tetti” (Mt 10,27), sono le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli. E che riprende Giovanni Paolo II nel messaggio per la giornata delle Comunicazioni sociali del 2001. Gentile che cerca e trova la verità, ora la proclama “sui tetti” che, nel nostro caso, sono i giornali. Ancora militante nella Fuci, nel 1943, a soli 21 anni, fonda “L’Idea Cristiana”, il primo periodico cattolico dell’Italia continentale liberata ottenendone l’autorizzazione dal Governo Militare Alleato. “L’Idea Cristiana”, che nel 1944 diventa l’organo ufficiale della Democrazia Cristiana, assume un ruolo fondamentale nel momento in cui la diocesi, a causa della guerra, non può comunicare con la Santa Sede.

Inoltre nel 1949 il dott. Gentile fonda, con l’onorevole Vito G. Galati, “Il Popolo d’Oggi”, periodico della Dc per la provincia di Catanzaro. Importante, pure, sotto questo aspetto l’instancabile attività di conferenziere, le tante opere edite e inedite di carattere spirituale, filosofico e scientifico, ed i numerosi articoli che pubblicherà, dal 1984, sul periodico della diocesi “Comunità nuova”, fondato dall’arcivescovo Antonio Cantisani.

I giornali, per Raffaele Gentile, sono il luogo in cui esprime la propria tensione all’annuncio e alla testimonianza di fede. Sono -azzardiamo a dirlo- “luogo teologico”, perché si parla di Dio. E’ contro quindi Raffaele Gentile rispetto a quella stampa e pubblicità, che “con disinvoltura si prestano facilmente alla disinformazione, alla menzogna, al risalto e alla gonfiatura di quanto può recare ingiustamente danno o addirittura scandalo col gusto di chi, come sul dirsi, ama inzupparsi il pane, ricorrendo anche ad un frasario volgare e scurrile[13]”.

Il Gentile, nel suo essere comunicatore, persegue la verità ad ogni costo, con rispetto, coraggio e spirito di servizio. Sa bene che la comunicazione è, prima di tutto, un dono, per chi la riceve. E’ un dovere per lui, studioso cristiano, ispirato da una forte correttezza professionale e di fede e da una grande spinta verso la “missionarietà” (anche in questo Raffaele Gentile appare sempre più uomo del Concilio).



6. L’umiltà del pensiero

a sinistra di S.S. Papa Pio XII
Raffaele Gentile sta sempre “con i piedi per terra”. Il sapiente, spesso e volentieri, corre il pericolo di cadere nel peccato della vanagloria e della superbia, di credere di essere onnipotente con il suo sapere. “So nihil scire”, so di non sapere, ci insegna Socrate. E così uno dei tratti caratteristici della penna di Raffaele Gentile è l’umiltà. Il pensiero è autentico “quando è fedele al fatto che noi uomini siamo impastati di terra e siamo finiti[14]”.

L’essere umile che caratterizza l’umanità, l’humanitas, di Raffaele Gentile, ne forma pure il suo pensiero. Gentile nei suoi studi ha sempre davanti agli occhi la precarietà della condizione umana. Non si illude quindi di poter trovare con la sola forza della ragione l’antidoto alla finitudine e alla mortalità. Il richiamo costante di Gentile alla ricerca della verità indica proprio che egli sa bene i limiti della sua scienza che non può travalicare fin oltre le maestose vette dell’infinito. E quanto spesso noi oggi invece vediamo intellettuali, scienziati, medici che sono convinti cla loro ultima scoperta sia verità e salvezza per tutti.

Il Servo di Dio Antonio Lombardi
L’umiltà sta alla base della carità intellettuale. Il confronto, il dibattito, l’incontro, serio, fecondo e costruttivo parte proprio dalla consapevolezza di non essere bastevoli a se stessi. E’ l’umiltà, il nostro sentirci polvere, a spingerci ad incontrare l’altro, a non chiuderci a riccio tra le nostre pretese, ed a condividere il nostro sapere e le nostre conoscenze.

Raffaele Gentile è fedele fino in fondo a quello che realmente è l’uomo: “un nulla circondato da Dio[15]”. L’umiltà porta anche a un’ulteriore nota caratteristica della carità intellettuale: la comunione. Raffaele Gentile vive il suo apostolato non da solo ma con altri. La santità, anche per lui, è una “conquista” in comune.

E’ sorprendente pensare come nella prima metà del novecento a Catanzaro si siano ritrovati tantissimi uomini di Dio -da Antonio Lombardi a Renato Leonetti, da don Francesco Caporale a Mons. Domenico Vero, da don Paolo Aiello a Mons. Luigi Costanzo, dall’onorevole Vito G. Galati al prof. Carlo Amodei, … - che hanno reso la nostra città un laboratorio fertile di idee, evangelicamente ispirate. Nessuno di questi personaggi ha agito in solitudine. E’ stato quasi un “lavoro di squadra”. Tutti hanno operato in un’ottica comunitaria. Ed i frutti di quanto seminato sono ancora oggi evidenti.



7. Conclusione: escatologia e primato della vita spirituale

Il Nostro Padre Arcivescovo, Mons. Vincenzo Bertolone quest’anno, con la Lettera pastorale, la prima indirizzata alla comunità di Catanzaro-Squillace, dal titolo evocativo “Ogni attimo è carico di eterno”, ci invita a riflettere sulle realtà ultime -morte, giudizio, inferno e paradiso- dei Novissimi.

Possiamo dire che lo studio, cristianamente inteso, ha una valenza escatologica?

Certo. Dagli scritti di Raffaele Gentile, studioso cristiano, si evince come egli agisca in una logica da Regno dei Cieli. In effetti, con le sue fatiche intellettuali, continua nel tempo presente la costruzione di un regno di bellezza, di amore e di pace a cui Cristo ci ha chiamati a vivere. La sua è una prospettiva, e non potrebbe essere altrimenti, di eternità, nel “già” del tempo presente proiettato verso il “non ancora” del tempo che verrà.

Tra gli specifici ambiti di azione secolare dei laici, richiamati dall’Arcivescovo nella lettera pastorale, c’è anche quello di “evangelizzare la cultura in senso lato dell’uomo[16]”. Sempre Mons. Bertolone afferma che l’escatologia deve “aiutare il credente a illuminare le scienze, le tecniche, il progresso economico, la letteratura, e l’arte con la luce della resurrezione di Cristo, per cogliervi e valorizzare i fermenti che contribuiscono all’autentica promozione dell’uomo, di tutti gli uomini, e alla realizzazione di nuovi cieli e nuova terra[17]”. E Raffaele Gentile, nella sua esistenza, pure attraverso l’attività pubblicistica ed intellettuale, ha reso ragione della speranza di Cristo all’interno del suo ambiente di vita. In questo si è fatto “aiutare” dall’esempio di maestri forti e provati di santità, come il medico Giuseppe Moscati (1880-1927), canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1987.

Il primato della vita spirituale in tutto questo gioca un ruolo fondamentale. Si parla di una “spiritualità dello studio”. Gentile non è stato solo un uomo di lettere e di scienza. E’ stato prima di tutto un uomo di ascolto orante e di preghiera. La vita interiore in Gentile ha il primato rispetto alle attività esterne. E non è cosa di poco conto. Mons. Bertolone ci mette in guardia quando poniamo l’accento “solo su ciò che ciascuno è chiamato a fare, anziché su quello che è chiamato a essere”, perché ci può essere il rischio che “la fede diventa quasi un tratto etico, privo di spiritualità[18]”.

Possiamo affermare che Raffaele Gentile non corre questo pericolo, in quanto per lui la spiritualità dello studio, nella pratica, si traduce con il coniugare vita intellettuale e vita spirituale. Ciò significa, in altre parole, entrare nell’ordine delle idee che l’uomo non è solo carne, ma è anche spirito chiamato all’immortalità. E che cos’è questa se non una prospettiva escatologica? Negli scritti di Raffaele Gentile c’è una tale maturazione di fede che non si distingue più se egli sia studioso cristiano perché prega o preghi perché studioso cristiano[19].

Preghiera e studio; raccoglimento e azione; vita spirituale e vita materiale in Raffaele Gentile diventano quasi un tutt’uno. La carità intellettuale, in lui la possiamo definire pura e semplice “Carità”, senza ulteriori aggettivazioni. E’ l’Amore verso Dio e verso il prossimo, il comandamento più grande, che lo spinge a “sporcarsi le mani” nella santità quotidiana.

Raffaele Gentile è -scusate se è poco- un uomo, un grande uomo, in costante ricerca della Verità. E tanto basta!

Luigi Mariano Guzzo

Presidente della Federazione Universitaria

Cattolica Italiana – Catanzaro







[1] 1 C. CLARK, Cristianità e capitalismo all’inizio del XXI secolo, in A. FANFANI, Cattolicesimo
e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, a cura di P. ROGGI, Marsilio,
Venezia, 2005, p. 257.

[2] Una Vita per Amore, I, pag. 543

[3] GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, Lettera Enciclica, 14 settembre 1998, proemio.

[4] M. PAMPALONI, Scire ut: motivazioni del conoscere, in Ricerca n. 10, Ottobre 2007, pp. 23-27.

[5] BENEDETTO XVI, Omelia per la celebrazione dei vespri con la partecipazione degli universitari romani, Basilica Vaticana, 17 dicembre 2009, in www.vatican.va

[6] Una Vita per Amore, I, 23

[7] Cfr. anche il documento CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA,
Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 30 dicembre 1988, dove si parla di “principi permanenti”, di “criteri di giudizio” e di “direttive di azione”.

[8] C. M. MARTINI – D. MODENA, Una Parola per te. Pagine bibliche narrate ai più piccoli,
Editrice San Raffaele, Milano, 2010, 11.

[9] Una Vita per Amore, I, 67

[10] Idem, 66

[11] P. LAZZARIN, John Henzy Newman. Il primato della coscienza, Edizioni Massaggero di Padova, Padova, 2010, p. 75.

[12] Una Vita per Amore, I, 67

[13] R. GENTILE, Pensiero e azione di un cristiano nel mondo. Nel centenario della nascita di Antonio
Lombardi (1898-1950), “Quaderni” del Centro per la Cultura e la Pastorale Universitaria
dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, Edizioni Vivarium, Catanzaro, 1998, p. 10.

[14] R. REPOLE, Il gusto del pensare. Lettera ad un giovane studente, EDB, Bologna, 2009, p. 36.

[15] H. DE LUBAC, Pico della Mirandola. L’alba incompiuta del rinascimento, Milano, 1994, p. 139.

[16] V. BERTOLONE, Ogni attimo è carico di eterno, Arcidiocesi di Catanzaro - Squillace, Lettera pastorale 2011-2012, p.89.

[17] V. BERTOLONE, op. cit., p. 79.

[18] V. BERTOLONE, op. cit., p. 90.


[19] Una simile “confidenza” la troviamo in I. GARGANO, Pregare e studiare: affinità elettive?, in Ricerca n.1/2, Gennaio-Febbraio 2011, pp. 36-38.


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