Raffaele (a sinistra), Don Camillo e Aristide |
Il
dottore Raffaele Gentile nacque a Gemona del Friuli il 28 novembre 1921 da
Rosario Gentile (ferroviere) e da Elisa Bonato (casalinga). Presto i genitori
lasciarono Gemona per trasferirsi a Catanzaro, dove furono accolti e ospitati
dalla sorella e dal fratello del papà, Mariannina e Don Camillo, parroco della
Parrocchia di Santa Maria di Mezzogiorno. Raffaele crebbe nella casa canonica
dello zio, da cui particolarmente ricevette quell’indirizzo spirituale e
religioso, che animò ogni pensiero e gesto della sua vita. Ebbe due
fratelli: Aristide, che morirà di leucemia il 18 aprile 1946 alla tenera età di
23 anni, e Camillo.
Con i compagni di liceo - 1936 |
Di intelligenza vivace e di carattere serio e pio, dopo la maturità classica (1939), conseguita al liceo Galluppi di Catanzaro, scelse di studiare medicina. Si laureò il 27 luglio 1945 in Medicina e Chirurgia nell’Università di Palermo, col massimo dei voti.
Medico attento e disponibile nei tuguri e nella In Charitate Christi
Il
dottore Raffaele Gentile è stato un medico che ha vissuto la sua missione
curando e consolando i malati con generosa
disponibilità e con animo sensibile e caritatevole. Essendo un uomo di grande
fede, la sua vita è apparsa agli occhi di tutti come una profezia che ha annunciato e servito Cristo nei poveri
e nei derelitti. Di lui l’attuale presidente dell’Associazione dei Medici
cattolici, Dott. Federico Bonacci (Video), ha affermato:
“Il sentimento religioso non è
stato da Raffaele Gentile vissuto in una dimensione intimistica, relegato nella
sfera del privato, ma la Fede ha permeato la sua esistenza, non solo
improntandone l’agire professionale, ma costituendo la linfa vitale dell’impegno
sociale e politico”. Questo sentimento religioso si nutriva di Eucaristia, di
devozione mariana, di Parola di Dio e di un senso vivo della Chiesa, segno
sacramentale di Cristo per un mondo di verità e di giustizia. Il suo zelo di
apostolo non è andato certamente a svantaggio del suo essere medico: ha
ricoperto incarichi di vertice per circa 50 anni, in molteplici settori della
sanità pubblica e del privato no profit (Ospedale, I.N.P.S., Croce Rossa
Italiana, opera Pia In Charitate Christi),
con impegno costante e profondità dottrinale, e ha ricevuto da più parti
riconoscimenti, anche a livello nazionale.
Dott. Federico Bonacci |
Ingresso della Fondazione Betania - Santa Maria di Catanzaro |
"Era una sera di
profondo inverno e su Catanzaro imperversava uno scrosciante e continuo
temporale, e mi trovavo ad attraversare il Corso Mazzini a bordo della mia scassata
Fiat Topolino, quando intravidi il Dott. Gentile che camminava speditamente
sotto la pioggia. Mi fermai e lo feci salire in macchina e, naturalmente, gli
domandai dove doveva andare. Mi rispose: “A visitare una vecchietta”. Lo
accompagnai ed entrai con Lui in un tugurio illuminato da uno dei vecchi lumi a
petrolio, dove scorsi una vecchietta magrissima
che, come descrive in una poesia il grande Totò, “campava ppe ffa
dispiettu a morte”, a cui faceva compagnia una sua nipote. Dopo averla
visitata, tirò fuori dalla Sua borsetta degli attrezzi, alcune medicine e
spiegò alla nipote come e quando utilizzarle.
Subito dopo, prima di assicurare che sarebbe passato l'indomani, infilò
la mano nella tasca ed estrasse delle monete che consegnò alla signorina raccomandandole di comprare della carne ed
altro per alimentare la nonna. Io rimasi
colpito da tale gesto e dentro di me pensai: “Chissà quanti di questi gesti e a
quante altre persone avrà fatto lo stesso!”. Da ciò ritengo che si possano
trarre le conclusioni di quale umanità ed altruismo è stata permeata la vita di
questo indimenticabile, più che amico, fratello”[1].
Sposo,
padre e politico
Il
15 ottobre 1960 sposò Susy Liotta, e dal matrimonio nacquero Elisa e Maria. In
famiglia espresse le virtù dell’amore fedele, attento, rispettoso e premuroso.
Quest’amore, dalla famiglia continuò a irradiarlo nel mondo della politica e
del sociale
Nel
1948 e nel 1952 fu eletto Consigliere Comunale di Catanzaro nelle elezioni
amministrative. Dal 1964 al 1970 fu di nuovo consigliere comunale di Catanzaro, dove
fu, come ricorda l’Avv. Marcello Furriolo, “portatore genuino delle istanze popolari, con
moderazione di linguaggio, ma con ferma determinazione di pensiero e d’azione,
incrollabile difensore del valore dell’etica nella politica. Per la nostra
generazione Raffaele fu da subito un punto di riferimento morale, espressione
di quel volto della politica, come Giorgio La Pira, che legava inscindibilmente
l’impegno sociale alla dimensione etica e spirituale del messaggio cristiano,
che credeva alla redenzione degli umili ancor prima sulla terra. In questo senso Raffaele Gentile
ha svolto laicamente la sua missione accanto alla gerarchia della Chiesa
catanzarese”[2].
Collaborò
pure nei Comitati civici e nell’Associazionismo no-profit. Svolse pure la mansione di Direttore sanitario della
Coldiretti. Dal 1963 al 1978 fu Presidente del Comitato Provinciale della Croce
Rossa Italiana di Catanzaro e di diritto componente del Consiglio di
Amministrazione della Scuola-convitto per Infermieri professionali gestita
dalla Croce Rossa Italiana presso l’Ospedale Civile di Catanzaro per tutti gli
anni in cui la gestione rimase alla Croce Rossa, che
l’aveva istituita. In questa
Scuola dal 1976 fino al 1988 fu Direttore dei Corsi per Infermiere Volontarie
della Croce Rossa Italiana, nonché docente di Igiene e di Medicina Sociale.
Nella
chiesa
Raffaele Gentile e Mons. Cantisani |
“Ha amato la
Chiesa di un amore appassionato. Non una
Chiesa astratta, ma quella inserita nella storia e
incarnata nel territorio:
la Chiesa che
è in Catanzaro-Squillace. Gli
piaceva ricordare gli
anni in cui
aveva tanto operato con ardore apostolico nelle associazioni ecclesiali,
come l’Azione Cattolica
ed i Medici
Cattolici. Durante l’intero mio
episcopato l’ho visto
tra i membri
più impegnati del Consiglio Pastorale
Diocesano. Sempre presente
alle riunioni. E non faceva mai mancare la sua parola, fatta
di grande equilibrio e di coraggiosa proposta. Voleva che la Chiesa fosse così
bella da rivelare con la sola presenza il volto del suo Sposo”[3].
Già nel 1940 era stato membro attivo dell’Azione
Cattolica, di cui fu anche Presidente diocesano dell'Unione Uomini e animatore
di iniziative, soprattutto nel mondo degli universitari e dei laureati (Fuci).
Nel 1943, a soli 22 anni, fondò il giornale L’Idea Cristiana, dando voce a
quell’anelito di libertà e di giustizia
del periodo della guerra e del dopo guerra, collaborando con don
Francesco Caporale e il filosofo Antonio Lombardi, di cui era un fedele
discepolo. Questo giornale fu il primo periodico cattolico nel periodo
dell’occupazione militare, quando la stampa ufficiale mancava e la Diocesi non
poteva comunicare con la Santa Sede. Successivamente, nel 1944, L’Idea Cristiana diventò organo
provinciale della Democrazia Cristiana.
Nel
1948 fu Consulente Medico Regionale per la Calabria Superiore della Pontificia
Commissione (poi Opera) di Assistenza con particolare attività per le colonie e
Consulente Diocesano di Catanzaro.
Dal 1951 al 1973 fu Presidente della Giunta Diocesana
dell’Azione Cattolica di Catanzaro e componente del Consiglio Nazionale dei
Medici Cattolici.
Con Pio XII |
Nel 1964 pubblicò: L’attività assistenziale e
sanitaria dell’Opera pia “In charitate
Christi” nei primi venti anni: 1944-1964, pag. 171.
Il 1966, in collaborazione con Pellicanò, Perrotta,
Salerni, scrisse e pubblicò “L’assistenza-recupero dei subnormali psichici e
l’Istituto Medico Psico Pedagogico di Santa Maria di Catanzaro”.
In occasione del XXV° anno dalla Fondazione dell’Opera
Pia In Charitate Christi scrisse “La
Diritta via”, 1969, (inedito).
Il 1975 l’Opera Pia In Charitate Christi pubblicò, a cura di Raffaele Gentile, “In
memoria di Mons. Giovanni Apa”.
Il primo Sinodo della Diocesi di Catanzaro-Squillace
(1993-1995) gli permise di far riscoprire la figura del Servo di Dio Antonio
Lombardi. Proprio per questa occasione preparò un dossier sul Servo di Dio, dal
titolo “Antonio Lombardi - Filosofo cattolico, assertore e propagatore della
fede, apostolo della carità”. Fu, quindi, invitato a preparare un profilo del Servo
di Dio che è inserito in uno dei sussidi che accompagnano il libro del Sinodo “Santi tra noi”, Catanzaro 1996, da
titolo “Uno spirito assetato di verità - Antonio Lombardi (1898-1950)
Filosofo”.
Nello stesso librò pubblicò “Il Comandamento nuovo - Mons. Giovanni Apa (1892-1974) - Sacerdote per
i più poveri”: è il profilo su Mons. Giovanni Apa.
Il Servo di Dio Antonio Lombardi |
Questo suo impegno a favore del suo amico e maestro di
spirito Lombardi fu premiato: il 6 ottobre 1999 l’Arcivescovo Mons. Antonio
Cantisani iniziò, infatti, l’Inchiesta
diocesana per il Processo di beatificazione di Antonio Lombardi e lo
stesso giorno gli fu dedicata la biblioteca vescovile.
Il 23 aprile 2001, sempre per il suo interessamento, dopo cinquantuno anni dalla morte del Servo di Dio, fu decisa la ricognizione dei resti mortali ed il loro collocamento nella Cattedrale di Catanzaro.
Raffaele Gentile firma la pergamena per traslazione di Lombardi |
Il 23 aprile 2001, sempre per il suo interessamento, dopo cinquantuno anni dalla morte del Servo di Dio, fu decisa la ricognizione dei resti mortali ed il loro collocamento nella Cattedrale di Catanzaro.
Il 12 settembre 2001 Raffaele Gentile subì
la frattura spontanea del femore sinistro (lo stesso arto fu coinvolto in un incidente
automobilistico il 5 gennaio 1976). Da allora visse i suoi ultimi anni nella
preghiera e nel dolore. Morì santamente a Catanzaro, presso la clinica Villa
del Sole, il 18 dicembre 2004, accogliendo dalle mani di Dio la sofferenza di
più tumori. Le sue esequie si svolsero il 20 dicembre nella Basilica
dell’Immacolata. Il suo corpo è sepolto
nella cappella di famiglia nel Cimitero di Catanzaro.
In cammino nella luce dei santi
A nove anni dalla sua morte tanti catanzaresi di tutte le
estrazioni sociali ancora lo ricordano con affetto e devozione come un
professionista cristiano che ha vissuto nel mondo la sua vocazione alla santità
con l’umile e attento servizio agli umili, in famiglia come sposo fedele e
padre affettuoso e nella Chiesa, da figlio devoto, mettendosi al suo servizio
nelle diverse mansioni a lui assegnate dai sui vescovi, Mons. Fiorentini, Mons.
Fares, Mons. Cantisani e Mons. Ciliberti. Dei primi tre vescovi Gentile fu il
loro medico personale.
Oggi
l’Associazione Raffaele Gentile, con Presidente onorario Mons. Antonio Cantisani
e Presidente l’Avv. Rosario Chiriano, è
impegnata nel portare avanti la conoscenza dell’opera e della spiritualità del
Dr. Gentile e l’apertura dell’ Inchiesta di Beatificazione di questo illustre
figlio della Città e della Chiesa di Catanzaro.
LA NATURA DELLA “IN CHARITATE CHRISTI”
Una lettera del Dr. Gentile al Presidente dell'U.S.L. n. 18 che chiarifica la natura della In Charitate Christi e il suo ruolo esercitato in essa. Appare la gratuità del suo operare e il ruolo da lui avuto dall'inizio dell'Opera.
Al signor Presidente dell’U.S.L. n. 18 Catanzaro
In riferimento alla Sua raccomandata del 21 maggio corrente
(1983), prot. 11759, pervenutami quest’oggi, mi premuro di precisare che la “In Charitate Christi” è un’opera pia,
religiosa, sui generis, che ha come fine “la attuazione del divino precetto
della carità”. Non è un ospedale, non è una casa di cura privata, non è una
clinica, ma un luogo di assistenza in sostituzione della famiglia.
La posizione del sottoscritto è più unica che rara, nel
senso che fin dai primissimi tempi dell’istituzione (1946), volontariamente e
gratuitamente, si unì ai promotori cercando di adoperarsi assieme agli altri
alla realizzazione di quell’Opera prestigiosa quale oggi è, unanimemente
riconosciuta tra le più significativa del Mezzogiorno.
Antesignana in un settore di assistenza difficile e non
organizzata dallo Stato quale quello delle handicappate mentali o quasi del
tutto carente quale quello delle anziane ammalate e senza autosufficienza, la “In Charitate Christi” oggi è un’opera
assistenziale, educativa e culturale che fa onore alla Città ed alla Calabria
ed è altresì una realizzazione che i forestieri ci invidiano e che non tutti
quelli del luogo conoscono.
Il sottoscritto in questo ormai quarantennio di vita
dell’Opera vi ha per la maggior parte lavorato disinteressatamente e
gratuitamente anche in compiti che sono stati ad di fuori del settore
strettamente sanitario e solo quando, trovandosi naturalmente inserito in una operosità crescente nella programmazione
e nello sviluppo, le condizioni lo permisero, fu sollecitato dal Fondatore ad
accettare qualcosa “non a titolo di stipendio, ma di rimborso spese”, tenuto
conto dei tempi e delle esigenze familiari.
Nonostante questo il sottoscritto continuò a restituire
quanto gli veniva corrisposto, tanto che, dopo il trasferimento delle assistite
in Santa Maria, con le somme restituite e quelle che si continuavano ad
aggiungere fu possibile dotare il complesso di un moderno e completo gabinetto
odontoiatrico.
Occorre ancora rilevare che si trattava di guidare per la
parte medica, nello spirito dello Statuto, un’istituzione che perseguiva
finalità specialistiche assistenziali particolari senza paradigmi esistenti,
per cui l’attività di direttore sanitario era e rimane ben diversa da quella
delle strutture di tipo ospedaliero, senza alcun beneficio del titolo e senza
alcuna parità di onorario come i direttori di ruolo ospedaliero, ma addirittura
al di sotto di qualunque altro dipendente; mentre la prestazione ha avuto la
caratteristica della consulenza, senza obblighi di orari e senza alcuna
subordinazione sia sul piano tecnico che su quello amministrativo.
A tal proposito “Il Medico d’Italia” del 15 aprile 1983 ha
pubblicato una sentenza della Corte di Cassazione in tema di configurabilità
del rapporto di pubblico impiego (10 maggio 1982, n.2875). “In essa la Suprema
Corte ha chiaramente ribadito che, per riconoscere l’esistenza di un rapporto
di pubblico impiego, anziché d’opera professionale, è necessario che sussista
la subordinazione tecnica e gerarchica del medico, correlata ad un potere
direttivo dell’ente datore di lavoro inerente allo svolgimento delle sue
prestazioni”.
“Non è rilevante, invece, l’eventuale sussistenza di caratteristiche
proprie del lavoro subordinato, come la collaborazione, l’osservanza di orario,
la natura e la continuità dell’attività”.
Il sottoscritto fa ancora presente di avere addirittura
contribuito in maniera determinante alla creazione di non pochi posti di
lavoro, indipendentemente dall’avere assolto per diversi lustri incarichi di
responsabilità in istituzioni civili e sociali del tutto gratuitamente, senza
alcun gettone o altro tornaconto personale (Croce Rossa, Provveditorato Studi,
ONMI, ecc.).
D’altronde allo stato attuale l’Opera non ha alcuna
convenzione con l’USL n. 18 o altre UU.SS.LL. Pertanto, poiché in tema di
incompatibilità, è ciascuna USL a vagliare caso per caso, prego la S.V. a
volere considerare con umanità questa vicenda, tenendo conto della
realizzazione, delle migliaia di persone abbandonate assistite ed anche del
fatto che il sottoscritto in famiglia è il solo a lavorare, non possiede beni
di fortuna, né ha tratto arricchimenti per il modo come fin qui ha esercitato
la professione.
Perché la S.V. possa avere un’idea soltanto parziale di
quella che è stata la mole dell’azione compiuta si acclude una pubblicazione
relativa ai primi venti anni e si prega di volere rendersi conto del complesso
operante in Santa Maria sotto il nome più noto di “Villa Betania”.
Con fiducia ossequia. Dr. Raffaele Gentile
Catanzaro, 24 maggio 1983
Da: Una vita per amore
– Dr, Raffaele Gentile – I, 335-337.
Dalla Testimonianza di Francesco Rizzuto: L'umanità del Dr. Gentile
“… Il Dr. Raffaele Gentile era un uomo molto devoto, sempre
presente alle cerimonie religiose, un uomo semplice e modesto ma, nello stesso
tempo, forte nella tempra e nella volontà di realizzare i suoi progetti a
favore degli ammalati.
Era il 1986 quando mia madre fu colpita da un ictus.
Inizialmente fu curata presso l’Ospedale Pugliese di Catanzaro dal dott. Nicola
D’Amico che la riabilitò in parte ma le sue condizioni, ancora invalidanti, non
le permettevano di rientrare in casa. Così il dott. D’Amico e il dott. Giuseppe
Riccio, cugino di mia madre, mi consigliarono di ricoverarla a “Villa Betania”.
Quel pensiero mi fece star male dentro perché non
condividevo la proposta di condurre mia madre in una casa di riposo, ma le parole
degli amici medici mi convinsero, considerato che ella aveva bisogno di
continue cure paramediche, e poi a “Villa Betania” c’era come Direttore
Sanitario il dott. Gentile.
Ora, non saprei dire se a convincermi fu soprattutto
la certezza che mamma aveva bisogno di cure mediche continue o se mi sentivo
sicuro perché c’era il dott. Gentile e così, in una giornata piovosa e fredda
del mese di Novembre 1986, scesi a “Villa Betania”.
Il dott. Gentile mi ricevette subito, mi ascoltò, mi
mise una mano sulla spalla e mi rassicurò che mamma avrebbe avuto una dignitosa
assistenza e che senz’altro sarebbe migliorata. Le sue parole convincenti e
dette con calma, poiché avvertivo il suo dire come una promessa, mi convinsero
a ricoverarla a “Villa Betania”, a distanza di pochi giorni da quel colloquio,
non appena dimessa dall’Ospedale.
[…] Il giorno in cui accompagnai mia madre mi accolse
personalmente il dott. Gentile che ci accompagnò nel reparto facendomi visitare
la stanza in cui sarebbe stata sistemata, nonché mi presentò il medico di turno
ed alcuni infermieri.
Egli capiva che io stavo male, molto male, tanto da sentire
il mio cuore battere forte. Avevo un nodo in gola, tanta voglia di piangere e
di riportare mia madre a casa, ma non potevo. Sono sicuro che il dott. Gentile
era riuscito a leggere perfettamente il mio stato d’animo. Quindi, dopo aver
fatto sistemare mamma m’invitò a seguirlo nella sua stanza perché aveva capito
che avevo bisogno di essere ancora più convinto quanto fosse utile che ella
rimanesse a “Villa Betania”. Ricordo le sue parole: “Tua madre ha bisogno sia
di necessarie cure mediche che di assistenza paramedica. Stai tranquillo che
sarà serena se tu le farai visita frequentemente. L’unico serio problema dei
nostri degenti si verifica quando i familiari li abbandonano, ma non è
certamente il tuo caso, perché dai tuoi occhi si evince quanto amore hai per
lei”. Le sue parole hanno lenito il mio
dolore, e così dopo aver abbracciato e salutato mia madre, assicurandole che ci
saremmo rivisti in serata, ritornai a casa più tranquillo. Questa esperienza mi
aveva insegnato che il dott. Gentile non era solo il medico dei poveri, - così lo
definivano -, ma era il medico di tutti i sofferenti, poveri o ricchi, buoni o
cattivi.
La degenza di mia madre continuò in “Villa Betania”
fino al momento del suo decesso (06/01/1992). Le mie visite erano sempre
regolari; spesse volte, se riuscivo, andavo a trovarla anche più volte al
giorno. Un sabato giunto a “Villa Betania” all’ora di pranzo trovai il dott.
Gentile nella camera di mamma che le sbucciava un frutto. Mia madre vedendomi
sorrise, - sorrideva sempre -, e mi disse: “Vedi, oggi, mi fa mangiare il dott.
Gentile”.
Quanta pazienza ed umanità in quell’uomo! Da quel
giorno la mia amicizia col dott. Gentile diventò più salda. Ricordo spesso il dott.
Gentile non solo per le sue capacità e la sua grande umanità ma, anche, per
tanti semplici particolari come ad esempio: il suo abbigliamento leggero nel
periodo invernale, la sua calma, la sua pacatezza e la sua coerenza.
[…] Il dott. Gentile rimarrà sempre l’esempio di un
uomo che ha vissuto bene; così come bene è stato il suo trapasso ad altra vita.
Un uomo che ha saputo dare senza mai chiedere nulla, ma che ha ricevuto tanto e
che continuerà a vivere nel ricordo e nel cuore dei suoi cari e amati
familiari, dei suoi amici e dei suoi ammalati”[4].
[1]
Una vita per amore, Dr. Raffaele Gentile, II, Testimonianze, Ed. La rondine,
Catanzaro 1996, 200-201.
[2]
Idem, 209.
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