Mons. Antonio Cantisani |
Non è facile tirar le conclusioni
di un convegno che non avevo immaginato potesse essere così ricco di
riflessioni, intuizioni e stimoli. Subito, però, anche a nome del Comitato
scientifico e organizzatore, sento il bisogno di dir grazie a Mons.
Arcivescovo, ai relatori, a tutti voi che, così numerosi, avete partecipato a
un convegno che è stato culturale e nello stesso tempo spirituale. Mi sia
consentito un pensiero particolare per i ragazzi delle scuole, mentre rinnovo
ai familiari del Dott. Gentile l’espressione della più sincera ammirazione per
la “passione” con cui tengono viva la memoria del loro indimenticabile
congiunto.
È il secondo convegno che abbiamo celebrato
sulla figura del Dott. Raffaele Gentile. Come si ricorderà, il primo tenuto lo
scorso anno fu un convegno d’introduzione: si parlò allora del Gentile
“cristiano laico” e in particolare del “metodo” della ricerca sulla sua figura.
E tale ricerca dovrà esser portata avanti – vale la pena ribadirlo – col
necessario rigore.
In questo Convegno si è riflettuto
sulla humanitas del Dott. Gentile. Si rifletterà nel 2012 sulla salus (Gentile medico) e nel 2013 sulla
civitas (Gentile impegnato nella città terrena), per arrivare a Dio piacendo
nel 2014, decennale del transito del Dott. Gentile, ad un convegno conclusivo, che
vorrà essere una sintesi del cammino compiuto e dovrà indicarci quale via
percorrere perché una così forte testimonianza sia proposta con maggiore efficacia
alla comunità ecclesiale e a quella civile. Intanto, viene distribuito il 1°
quaderno, che contiene gli Atti del 1° convegno, e che mi auguro possa avere la
più ampia diffusione.
il dottore Gentile, Mons. Cantisani e Don Franco Isabello firmano la pergamena per Antonio Lombardi (2001) |
Volendo ora fare una breve sintesi
di quanto è stato detto in questo convegno sull’humanitas del Dott. Gentile,
affermo con tutta sincerità che, dopo l’ampia presentazione dei lavori da parte
del moderatore Prof. Teobaldo Guzzo, siamo rimasti profondamente colpiti dalla
ricca introduzione del nostro arcivescovo, Mons. Vincenzo Bertolone. Egli ha
parlato del convegno come di “un momento di gioia non soltanto intellettuale,
ma anche spirituale”, tracciando un profilo davvero completo del Dott. Gentile.
Vi confido che, al termine del suo intervento, mi è venuto in mente di dire:
“Possiamo già chiuderlo, il nostro convegno”! E, certo, Mons. Arcivescovo si è
molto documentato. Ha parlato del Dott. Gentile come se fossero vissuti insieme
molti anni. Ed ha perciò potuto affermare tranquillamente che Raffaele Gentile
“ha saputo dare la risposta coinvolgente del suo essere dentro la storia catanzarese:
con amore e per amore”. Proprio questo è “il filo conduttore e la chiave di
accesso alla personalità del Nostro, visto in particolare come servo degli
ultimi: l’amore inteso come dono di sé”. Ma, allo scopo di offrirci qualche
suggestione per il futuro cammino, Mons. Bertolone ha fatto una vera lezione su
come dev’essere il nostro approccio all’uomo. Alla luce dell’esistenza del
Dott. Gentile, l’arcivescovo ha innanzitutto sottolineato l’idea della relazionalità
e della reciprocità personale. “C’è iscritta nella natura dell’uomo – ha detto
il Presule –non soltanto razionalità e libertà, come esige quel divino che è in
lui, ma anche tensione verso l’altro, esigenza appunto di reciprocità
personale”.
Ne segue che è il pensiero
dell’alterità che dovrebbe diventare l’orizzonte in cui vivere la propria
umanità. “È necessario – sono sempre parole dell’arcivescovo – riconoscere
l’altro nella sua umanità in quanto uomo e in quanto persona in reciprocità:
conoscerlo in maniera adeguata, senza pregiudizi, accettando la sua diversità e
la sua novità; abbracciarlo autenticamente e profondamente, entrando in dialogo
e in comunione con lui in un infinito processo di comprensione e condivisione”.
Ed ecco allora la necessità di
considerare l’alterità sotto il segno della prossimità: l’altro da me va inteso
come altro di me, come “colui che partecipa insieme a me al mistero della nostra
comune umanità”. È attraverso tale processo che si arriva alla piena
realizzazione dell’humanitas che è
“l’agape: quel dono totale di sé per gli altri, di cui è principio e forza Gesù
Cristo”.
È di tutta evidenza che Mons.
Bertolone non ha fatto un discorso di circostanza. Ascoltando le sue parole, si
è fatta senz’altro più forte la nostra volontà di “avviare il nuovo” non solo
per quanto riguarda gli studi sul Dott. Gentile, ma anche per la nostra vita.
Ci darà tanto coraggio proprio la testimonianza del Dott. Gentile, il quale ha
trovato la sorgente della
realizzazione della
sua humanitas nella sua fede sincera, cui non mancava – è il pensiero di Mons.
Bertolone – una “devozione infinita, soave, filiale alla Madonna”.
Nelle due relazioni fondamentali del
convegno, la prima di Mons. Raffaele Facciolo e l’altra dell’Avv. Rosario
Chiriano, ci è stata offerta l’opportunità di verificare come si è realizzato
nel Dott. Gentile quanto Mons. Bertolone aveva detto nella sua introduzione.
Pienamente fedele al tema che gli era stato assegnato, Mons. Facciolo ha
affermato che il Dott. Gentile è stato “uomo vero”. Egli ha vissuto il progetto
di Dio sull’uomo.
E difatti ha vissuto quella
relazionalità che è una dimensione costitutiva dell’essere. Secondo Mons.
Facciolo il Dott. Gentile può definirsi “l’uomo per l’uomo: non facendo mai
soste per incontrare l’uomo, tendergli la mano, offrirgli un sorriso, dargli
incoraggiamento e dirgli: “Tu sei grande, perché sei figlio di Dio”.
Il relatore si è soffermato
sull’altruismo del Dott. Gentile, definendolo “nobile”, e ne ha messo in
evidenza la signorilità, ricordando i modi gentili con cui egli si comportava
in ogni circostanza.
Con accenti altrettanto forti Mons.
Facciolo ha detto che il Dott. Gentile è riuscito a vivere pienamente la sua
umanità perché “saldamente ancorato in Dio”. Pertinente la citazione che il
relatore ha fatto di S. Agostino: “L’uomo, privato del rapporto con Dio, perde
i fili del suo
stesso essere”. Davvero “un umanesimo
integrale”, quello del Dott. Gentile, “senza scissione tra fede e vita”.
Naturali son venute alla mente le parole del Concilio Vaticano II: “Seguendo
Cristo, uomo perfetto, l’uomo è più uomo”. Ed è per questo che Papa Wojtyla ci
gridava: “Non abbiate paura!”. Dimostrando che dove c’è vera humanitas c’è anche teologia e poesia, Mons. Facciolo ha voluto salutare il Dott. Gentile
dicendo fra l’altro: “Sei tu, amabile e silenzioso uomo, costruttore di umanità
nuova”.
Altrettanto brillante è stata la
relazione dell’Avv. Rosario Chiriano, il quale ha svolto il tema “Percorsi di
vita” con l’entusiasmo di chi ha vissuto e vive l’esperienza del laico
cristiano nella società.
Anche l’Avv. Chiriano ha
sottolineato la “pienezza di fede” del Dott. Gentile, parlando di una “profonda
spiritualità che si appartiene ad una cultura religiosa di forza direi
mistica”. Ed ha opportunamente ricordato la sua formazione nell’Azione
Cattolica e nella FUCI: proprio “l’essere fucino e giovane di AC volle
naturalmente dire per il Dott. Gentile “anzitutto rigetto dell’autoritarismo e
accettazione dei valori democratici”.
“Non esiste la fede per tenerla
dentro,” – ha continuato l’Avv. Chiriano – la si fa operare, perché l’identità
cristiana non si custodisce dentro un recinto, va ben oltre lo stesso recinto
della Chiesa verso l’Infinito e oltre il tempo”. Ecco perché la vita del Dott.
Gentile fu “aperta totalmente alla società”, nella quale fu presente – anche
come giornalista e consigliere comunale – rimanendo ancorato a maestri quali
Mons. Giovanni Apa, l’Avv. Antonio Lombardi e Vito G. Galati.
Secondo il Chiriano non si fa
fatica a “ritrovare sintonia tra la voce del Dott. Gentile e quella della
Chiesa”. Ed è per questo motivo che egli si è trovato sulla strada del Concilio
Vaticano II, che ha ricordato ai cristiani laici che la loro vocazione è di
“cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio”
e cioè a servizio dell’uomo e di tutti gli uomini. Era davvero convinto il
Dott. Gentile che nella Dottrina Sociale della Chiesa c’è la risposta a tutti i
problemi emergenti della società.
L’Avv. Chiriano ha più volte
ribadito che nell’operare il bene il cristiano deve assumere la misericordia
come abito evangelico, come ha dimostrato il Dott. Gentile in particolar modo
nel suo lungo servizio nell’Opera Pia in Charitate Christi, ed ha potuto a
ragione concludere che egli “è stato un ‘giusto’ che ha vissuto la fede nella
quotidianità, ponendosi silenziosamente a servire l’uomo in solidale convivenza
nella società”.
Hanno arricchito la conoscenza
dell’humanitas del Dott. Gentile tre altri interventi. Si è trattato
soprattutto di testimonianze. Appassionata e provocatoria quella del Dott.
Antonio De Marco: aveva incontrato il Dott. Gentile a Fondazione Betania nei
suoi anni giovanili, quando dopo il Concilio spirava un “grande vento di novità
culturali e di rinnovamento ecclesiale”, e, pur nella stima reciproca, si
poteva parlare di scontro; lo rivedeva molti anni dopo quando era diventato “manager
della solidarietà, operatore politico-sociale” e doveva scoprire che il Dott.
Gentile non era cambiato: “era sempre lì a testimoniare il suo vangelo dei
poveri, senza tensioni o progetti, ma con l’autenticità profonda della
donazione di sé”.
È seguito l’intervento del
Presidente della FUCI Luigi Mariano Guzzo, il quale ha tenuto una vera e
propria relazione sulla “Carità intellettuale in Raffaele Gentile”. Avremo
senz’altro l’opportunità di approfondire questa relazione, anche per la sua
originalità. Interessante quanto il Guzzo ha detto nella conclusione: “Negli
scritti di Raffaele Gentile c’è una tale maturazione di fede che non si
distingue più se egli sia studioso cristiano perché prega o preghi perché
studioso cristiano. Preghiera e studio, raccoglimento e azione, vita spirituale
e vita materiale in lui diventano quasi un tutt’uno”.
Bella, infine, pur nella sua semplicità
la testimonianza di Nietta Santoro Mulé, che aveva avuto l’opportunità di
conoscere il Dott. Gentile presso la Cassa Mutua della Coldiretti. Ne apprezzava
la “pronta disponibilità”, nonché “la pazienza e la dolcezza” con cui
accoglieva tutti “senza burbanza, infondendo fiducia, serenità, sicurezza. Non
un direttore sanitario, ma un amico, non un burocrate della salute, ma una
persona affidabile e aperta come il vicino di casa”. Va, intanto, un vivo
grazie a Sebastian Ciancio che ha proclamato alcuni pensieri del Dott. Gentile,
e a quanti hanno collaborato per l’interessante filmato sulla vita del Nostro.
Ma ora è il momento di concludere. E
concludo ribadendo ancora una volta la necessità – e il nostro impegno! – di
continuare le nostre ricerche sulla figura del Dott. Gentile. Ci preoccuperemo
di raccogliere il maggior numero possibile di documenti: conosceremo così
ancora meglio la società catanzarese, la nostra comunità ecclesiale e, in
particolare, la così ricca personalità del Dott. Gentile.
E tutto ciò soprattutto allo scopo
di vivere – oggi! – con pienezza la nostra vocazione. Ritengo faccia bene a tutti
confrontarsi con chi ci ha preceduto nel segno di una fede che ha arricchito la
propria umanità. Certo, il mondo cambia, e si troveranno perciò atteggiamenti
datati. Ma si scopriranno anche atteggiamenti che esprimono valori essenziali
ai fini di una vita pienamente umana. E così ci sentiremo provocati a vivere – ovviamente
con una nuova creatività – la nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.
+ Antonio Cantisani
Arcivescovo Emerito di Catanzaro-Squillace
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